UNDICI SETTEMBRE
in una poesia il ricordo delle vittime dell’attentato alle Torri Gemelle
ORA CHE I GIORNI CADONO
(Cosa è rimasto dopo l’Undici settembre)
Ora che i giorni cadono
uno dopo l’altro come foglie accartocciate
e dimenticate dal tempo,
ora che i giorni si perdono
come bambini nelle nebbie del giardino,
sul guanciale di un uomo
rimane solo l’impronta di un corpo,
per sempre svanito
dietro lo sguardo chiuso.
Ora che i giorni cadono
come ballerine senza più scarpette
potremo noi
chiedere perdono a coloro che,
sospesi nel vuoto,
per un attimo,
hanno benedetto i nostri affannosi passi
prima di consegnarsi al cielo?
(Aur Cant)
(Poesia terza classificata al concorso letterario
“Ariodante Marianni 2009”, Borgo Ticino)
TRA PAROLE E POESIA
Il romanzo dedicato alle vittime delle Torri Gemelle
IL ROMANZO
Ho provato ad immaginare i sentimenti di coloro che rimasero imprigionati nelle Torri attraverso un romanzo “Come briciole sparse sul mondo”, che spero uscirà nel 2012. Il dramma delle due Torri raccontato attraverso gli occhi di una giovane italiana, Luisella. Ecco alcuni passaggi:
“ORE 9.15 DENTRO LA TORRE NORD
Dalla zona centrale del piano giungevano frammentarie notizie, che rendevano ancora più drammatica la realtà. Si faceva strada la consapevolezza di essere senza speranza.
Molti si erano resi conto che l’impatto dell’aeroplano aveva fatto crollare i corridoi delle trombe delle scale, escludendo a chi si trovava sopra la possibilità di fuga. (…)
C’era chi si spostava di continuo oltre le porte, fino agli accessi, come sperando di veder spuntare qualcuno, chi si passava una mano tra i capelli, chi sistemava ininterrottamente gli occhiali o girava in tondo, riflettendo. Chi era seduto su una sedia o per terra. Due ragazze bionde si erano tolte le scarpe e stavano sedute appoggiate ad una parete.
Alcuni ragazzi distribuivano delle bottigliette d’acqua. Valigette, portadocumenti, zainetti, borsette accantonate a mucchietti negli angoli. Il mormorio di voci rendeva tutto come sospeso, in attesa. Ma erano straniti e sgomenti, senza saperlo stavano già dicendo addio al mondo.
Gli occhi si puntavano irrimediabilmente verso il maestoso grattacielo dirimpetto.
Si vedevano puntolini colorati fare capolino tra le colonne grigie, nella parte sovrastante la fascia incendiata. Apparivano, scomparivano, poi tornavano a riapparire. Cerchiolini rosa, i volti di tanti.
Ad un certo punto si intravide qualcuno sporgere nel vuoto un bimbo, nel tentativo di farlo respirare e forse tenerlo lontano dal calore insopportabile degli incendi. (…)
ORE 9.20 DENTRO LA TORRE NORD
Continuavano a vedersi i volti dei superstiti nella Torre Sud che spuntavano come formichine oltre il bordo.
Poi figurine intere, a torso nudo, forse per il calore, rossi a macchie, che si ammassavano tra le lamiere e gli squarci, sopra e sotto la fascia degli incendi.
Si aggrappavano gli uni agli altri, si appoggiavano alle colonne mozzate che si ergevano simili a spuntoni giganteschi, sembravano osservare il cielo.
CHE COSA AVRANNO IMMAGINATO?
Che cosa stavano immaginando? Erano tanti, guardavano in giù, verso altre figurine ai piani sottostanti, che sporgevano le mani e sembravano chiamarli, chinavano il busto in avanti, sembravano ascoltare parole mai dette, tracce di storie mai raccontate.
Emergevano tra il fumo grigio che, come nebbia, li avvolgeva, un sudario per le tristi ore a venire.
Chiedevano soccorso affacciandosi sul bordo dello squarcio, agitavano le braccia, si sporgevano più che potevano. Ma che cosa potevano fare, se non attendere?
E poi, come per un tacito accordo, un balzo nel vuoto, un corpo si fiondò giù, in pantaloni bianchi, e un altro, pantaloni neri, messo composto, le mani sui fianchi, dritto come un fuso. Ancora un altro, sembrava un poco più anziano, sui sessant’anni, braccia e gambe aperte, faccia in giù, come pronto a rimbalzare sui tappeti elastici. In successione a due, a tre, mano nella mano, avvinghiati. Giovani, anziani.
(AURORA CANTINI, Dal romanzo Come briciole sparse sul mondo Aletti Editore)