16° CONCORSO LETTERARIO PAROLE INTORNO AL FUOCO
“Genti, soldati e amanti della montagna: storie e problemi di ieri e di oggi”
Racconto segnalato
“NELLE PAROLE CANTA IL VENTO”,
la memoria dell’antico borgo di Predale ritorna alla luce nelle storie del passato contadino
INCIPIT
“Irene sapeva di essere in ritardo, ma le sue gambette di bambina di nove anni non le permettevano di correre più veloce. A saltelli discese il ripido sentiero che dalla borgata di Predale l’avrebbe condotta alla contrada di Amora Bassa, da qui avrebbe risalito la mulattiera principale per quaranta minuti fino al sagrato della chiesa, poi finalmente sarebbe stata in classe.
Aveva saltato la messa degli scolari (chissà che predica il parroco alla mamma!) e sicuramente la maestra l’avrebbe richiamata davanti a tutti gli altri compagni. Ma proprio non aveva potuto abbandonare il vitellino nato durante la notte, e la sua adorata mucca, la “Ardida”, meritava un po’ di coccole.
Schivando le pozze fangose che intralciavano il passo, residuo di alcuni giorni di pioggia, raccolse una fascina di ramaglie mentre proseguiva spedita. Era ottobre, la stufa in fondo all’aula era già accesa a causa dei primi freddi e ogni alunno aveva il compito di rifornirla quotidianamente di legna, come era d’uso negli anni Cinquanta sulle montagne della Val Seriana, nella bergamasca.
A un tratto Irene si arrestò, stupita. Vicino al ponticello di legno che sovrastava il torrente Valgua (in verità solo due assi appoggiate dal nonno Mas-cio per l’attraversamento), posto a monte del pianoro della riva, stava una bambina.
Era ritta davanti all’acqua, come in preghiera. I capelli neri scendevano sciolti e lisci sulle spalle, quasi una mantellina sopra il vestitino di flanella a fiori, stretto al corpicino infreddolito. Non dava segno di averla sentita arrivare e non mosse né volse il viso.
Molte volte i vecchi la sera nella stalla raccontavano di streghe e apparizioni nei boschi pronti a ghermire i viandanti solitari, ma lei sapeva che erano solo storie e non ne era spaventata, o perlomeno non molto.
Sapeva, per esperienza, che era normale per un bambino di montagna muoversi da solo nei campi o nei boschi per svolgere le varie mansioni e nessun adulto si sarebbe mai preoccupato di che cosa potesse capitargli o dei pericoli che avrebbe incontrato; semplicemente si diventava grandi in fretta in montagna e lei stessa a cinque anni aveva percorso per la prima volta da sola il sentiero che portava nella valle sopra gli strapiombi, per raccogliere fieno per i conigli. Sapeva anche che poteva costare caro rubare legna al proprietario di un bosco, anche se quel bosco in particolare apparteneva allo zio “Stefen”.
Avanzò cauta ma decisa fino ad affiancare la sconosciuta. Poi la guardò. Il viso della bimba, di un bianco candore come di latte, era devastato dalle lacrime che scendevano a fiotti lungo le guance e bagnavano il colletto dell’abituccio.
Ma nessuna voce, nessun lamento in quel dolore senza tregua. Le due bimbe si guardarono fisse per alcuni interminabili minuti, l’una devastata dall’angoscia, l’altra consolatrice e pietosa.
Poi dal campanile della chiesa di Ama scoccarono le otto e trenta e Irene trasalì. Anche la sconosciuta si riscosse ma Irene stava già scappando via, terrorizzata dal ritardo. Con un balzò fu oltre il torrente e si fermò su un piede, voltandosi a guardare indietro. La bambina alzò la mano e Irene sparì oltre la curva, senza fiato.
“Eccoti, finalmente”. La maestra girò la testa al rumore della porta che si apriva e squadrò la ritardataria.
“Mi perdoni, signorina maestra. La nostra mucca ha figliato e così…” In quella vita di fatica e privazione i bambini potevano riposarsi solo a scuola.
Mentre svolgeva con diligenza i vari compiti assegnati alla sua fascia d’età e controllava i bambini della prima classe a lei affidati che imparavano a sillabare, continuava a ripensare allo strano incontro.
Una mattina in classe entrò il parroco. Si avvicinava la festa della Madonna del Rosario e i preparativi coinvolgevano tutti gli abitanti del paese. I bambini aiutavano gli adulti a stendere i paramenti o nella vestizione della statua, lucidare gli ottoni e i candelabri, andare di casa in casa a raccogliere le offerte, spazzare, pulire, spolverare candele e moccoli, sistemare i fiori e ghirlandare il paese.
Mentre i compagni lo osservavano in silenzio, don Arturo si scostò e con le mani trasse davanti a sé qualcuno che stava dietro la sua veste. Era la bambina del torrente.
Indossava lo stesso vestitino, i capelli raccolti in un fazzoletto e il visetto pallidissimo e serio. Tutti la osservavano a bocca aperta da tanto che era bianca.”(…)
IL CONCORSO
♠ Il link per la lettura completa del racconto:
Il racconto segnalato
♠ Il link con la graduatoria finale:
http://www.alpiniarcade.it/premio/16edizione.htm
♠ Il link della cerimonia di premiazione:
La premiazione
LA TESI DI LAUREA DI MARCO GUALANDRIS
RIPORTA IN VITA LA COMMOVENTE STORIA DEL BORGO
http://www.youblisher.com/p/179613-Villaggi-dimenticati-Potenzialita-del-recupero/
L’antico borgo di Predale, Valle Seriana, Orobie Bergamasche, sotto la Cornagera, nella metà degli Anni Sessanta del secolo scorso era pieno di famiglie e di vita.
PER APPROFONDIRE
Se si vuole curiosare anche nell’Edizione 2012 del 17° Concorso Letterario
ecco il link: